Il bello del calcio (di Roberto Renga e Maurizio Romeo)

Sono nato di lunedì e la domenica mia madre era allo stadio. Una partita del Perugia. Questo per dire quanto uno (io) possa poi legarsi a una squadra. Avevo diciotto anni quando a Siena mi presero e mi gettarono lungo un prato, ripidissimo, che terminava in gradinata. Rientrai a pezzi a Perugia e mi dissi: mai più a Siena. A venti anni cambiai idea: che c’entra Siena, che c’entrano i senesi con quelli che avevano giocato a palla con me? E andai subito a Siena, dove, tra l’altro, si mangia benissimo, il che non guasta.

Non ho cambiato idea. Posso avercela con qualcuno, mai con tutti. Posso disprezzare (non odiare) un dirigente, un tecnico, al limite un tifoso, ma non la squadra e la città che quel singolo in qualche modo rappresenta.

Da adulto ho seguito tutte le squadre italiane, compresa la Juventus, e in particolare Lazio e Roma, le due squadre della città nella quale lavoro. Prima per Paese Sera e poi per il Messaggero. Non posso certo negare di aver avuto un occhio di riguardo editoriale per entrambe. Ma ho festeggiato con i tifosi del Napoli lo scudetto di Maradona, con i milanisti la Coppa dei campioni di Barcellona, con quelli del Parma ho diviso la notte di Londra. Ero ad Atene, la sera di Magath. Ma c’ero all’Olimpico quando Ravanelli (quasi perugino) fece un gol impossibile all’Ajax.

Girando e lavorando, ho fatto una scoperta terra terra: i tifosi sono uomini (o donne) che amano così visceralmente la propria squadra da non vederne i difetti. I tifosi sono persone normali che, poi, come vedono rosso o bianco o celeste, perdono la testa come capita per un colpo di fulmine. Ma sono persone, appunto. E come tali vanno trattate e come tali, nel momento in cui si spegne la luce si si ritrovano da sole, si comportano.

Per queste persone, Juventus contro Roma deve essere una partita di calcio. Bella, possibilmente. Anzi, sicuramente bella. Ma Zeman non è il diavolo, semmai un grillo troppo parlante e che vien voglia di zittire con i gol. E Conte non è l’origine di tutti i mali, ma il tecnico che ha costruito una bella macchina. Torino, e lo dico per i romani, una città che offre ristoranti, musei, colline, un fiume placido. Lo Juventus Stadium non è un fortino, ma la bella cornice che circonda un quadro altrettanto bello.

Rivalità e campanile sì, ci mancherebbe altro. La guerra santa è un’altra cosa e la dovremmo riservare per faccende più serie e ce ne sono in Italia di questi tempi grami. Non sono in grado di dare lezioni, ma qualche consiglio lo posso offrire: cerchiamo di divertirci. Magari sfottendo, giocando sui doppi sensi, sulle vittorie a tavolino o sui capelli di altri. Succede così con la Nazionale. Tutti insieme prima e tutti insieme dopo le partite. Con gli italiani che, in quanto tali, cercano di portare via le ragazze degli altri, che è un altro tipo di sport, ma non da buttare.

Io invece, al contrario di Roberto, sono nato un venerdì di qualche anno dopo e la domenica il Milan, squadra di papà, e la Juventus, squadra della mamma, riposavano ambedue nella quarta giornata del loro girone di Coppa Italia. Nel 1975 il campionato sarebbe iniziato a ottobre e io sono arrivato in una settimana in cui le squadre dei miei due genitori non giocavano… non volevo farli discutere…

Col tempo non c’è stata storia, ha vinto mamma, ben coadiuvata da zii e nonno che hanno spinto il colore bianconero nelle vene. C’era poco da fare, la Juve del Trap su di me ebbe un fascino speciale.

Ma vuoi perché papà tifava per una squadra diversa, vuoi perché nascendo e vivendo in liguria mi sono dovuto confrontare anche con altri gruppi di tifosi e, pur rimanendo molto focoso nel mio tifo, passati i 90’ (forse qualcosina di più nelle sconfitte, lo ammetto…) riuscivo a stare e parlare tranquillamente di calcio con tifosi di Milan, Sampdoria o Genoa e, sì, anche della Roma, perché qualcuno c’è anche dalle mie parti…

Ma non è tutto… Nel 2004 sono andato per la prima volta a San Siro (lo so, sono un Sansirotardivo …) e il mio battesimo è stato di fuoco: Inter-Juventus 2-2 , semifinale di ritorno di Coppa Italia poi vinto ai rigori da noi bianconeri. Perché la cito? Perché è stata forse una delle partite più belle viste in trasferta, fianco a fianco con mio cugino interista, con tanti tifosi, giovani e meno giovani, mischiati. Esultanze, sfottò, ma alla fine grandi strette di mano, pacche sulle spalle e poi una birra insieme… ma erano gli interisti prima di Calciopoli e del Triplete… chissà se ora si riuscirebbe mai a fare di nuovo una serata così…

Io però non voglio perdere la mia anima sognatrice e voglio poter credere e sperare che possa accadere sempre così. In fondo i tifosi sanno essere spesso meglio di certi tesserati delle loro società, sanno capire che, come dice giustamente Roberto, si può  disprezzare una squadra, un tecnico, un dirigente, un giocatore o anche solo un tifoso della squadra avversaria, ma l’odio e la rabbia devono essere lasciati per cose più importanti, non per il calcio che in fondo, anche se a volte facciamo finta di dimenticarcene, è solo un gioco.

E allora che domani sera vinca il migliore, che sia calcio vero e spettacolo sulle gradinate, che si gridi, si urli, si tifi e si imprechi, perché non tutti potranno essere contenti, che ci sia del sano sfottò, perché i campanili si sa, vanno sostenuti, ma tutto alla fine deve rimanere lì, nei 90’ vissuti dentro quel prato verde, che potranno essere più o meno spettacolari, perché  in fondo il campo è quello che nel calcio dice la verità…

Lo so, visto così può sembrare un qualcosa di incredibile, ma anche per me 6 anni fa lo sarebbe stato scrivere un pezzo con un famoso giornalista sportivo che non tifa per la mia squadra… E invece…

Roberto Renga (@RobertoRenga)
Maurizio Romeo (@rumme75)

PS: Un GRAZIE particolare da parte mia a Roberto Renga per la sua grande disponibilità e la gentilezza dimostrata

Post By dodiciblog (114 Posts)

Dodici nasce da una costola di Barzainter.it, ne eredita la filosofia ("Il calcio è solo un gioco, e con il sorriso si gioca meglio") che cerca di trasmettere con un mix di competenza, obiettività condita comunque dall'ironia che mai può mancare. Dodici, come il dodicesimo uomo. L'uomo in più che cercheremo di essere ogni giorno. Solo per voi.

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