Crediamoci

Share: Facebook Twitter Pinterest di Davide Peschechera Un Benfica che non è parso irresistibile, una Juve che non ha sofferto più di tanto ma che ha perso, offrendo una buona […]

di Davide Peschechera

Un Benfica che non è parso irresistibile, una Juve che non ha sofferto più di tanto ma che ha perso, offrendo una buona prestazione, non la migliore della stagione ma una delle più convincenti in campo europeo. Il rammarico è non aver approfittato di un Benfica più normale di quello che credevamo. Per questo il risultato un po’ di rabbia la deve fare. Problema tattico o mentale?  Davanti ad un Benfica tutt’altro che impenetrabile, la Juve ha mostrato ancora quel malessere internazionale, più per l’aspetto del risultato che per quello del gioco. La partita è raddrizzabile, la situazione non è irrecuperabile, la partita del Da Luz può essere un’altra lezione utile per crescere. Nonostante le similitudini con la maledetta partita di Monaco dello scorso anno per l’inizio di partita, con una Juve non subito concentrata e il Benfica al settimo gol su tredici realizzato su calcio da fermo, sembra che manchi la predisposizione ad affrontare le partite che contano nelle coppe. La Signora che fa 90 e paura a tutti in Italia, è sempre più in difficoltà del dovuto in Europa. Ci si chiede sempre se quest’anno saremmo stati all’altezza delle 4 semifinaliste di Champions con un Tevez in più. Ma ogni volta dal campo non arriva mai una risposta netta e certa, rimanendo un grande punto interrogativo in campo internazionale. Approccio blando e spaesato, un quarto d’ora di sbandate difensive, furore assoluto del Benfica, lanci di Bonucci, fuorigiochi di Vucinic e sofferenza del pressing altissimo dei lusitani. Scelta sbagliata quella di puntare su Vucinic, col senno del poi. Inizialmente comprensibile, però, dopo esser stato determinante col Lione al fianco di Giovinco. Capibile, quando Conte dice che «Mi serviva un calciatore che sapesse tenere palla e attaccare gli spazi. Avevamo studiato bene il Benfica, che tiene la linea molto alta». Il dubbio che ricorre sulle labbra dei tifosi juventini è perché mai, di fronte a un obiettivo primario come l’Europa League e al distacco monumentale ai vertici della A, l’allenatore non abbia schierato al fianco di Tevez l’attaccante attualmente più in forma (Giovinco) o il centravanti titolare per eccellenza, sulla carta (Llorente). Conte non fa mai la mossa che i tifosi vogliono eppure ha spesso ragione. Una verità è che Conte sta usando un bilancino speciale, nel gestire queste settimane di una stagione sfiancante, a lungo cavalcata tirando il motore al massimo. Riteneva utile titillare gli stimoli finali di Vucinic. E creare i presupposti per colpire anche in contropiede, probabilmente proprio con Giovinco, un Benfica più stanco e impreciso, tant’è che quando ha inserito Giovinco al posto di Vucinic, l’attaccante ha indicato ai compagni il 4-3-3 con la mano, perchè poi sarebbe entrato probabilmente Osvaldo per Asamoah. Poi Tevez ha segnato e Conte è rimasto sul 3-5-2. Voleva risparmiare Llorente, destinato a scendere in campo contro il Sassuolo appunto al fianco della Formica, come nelle ultime partite di campionato con Bologna e Udinese. Un po’ come ha inteso non accelerare con Barzagli. Le esigenze del turnover, che si appoggiano su ragioni fisiche, motivazionali e tattiche, sono note al tecnico e variegate per definizione. E vanno ben oltre anche una possibile staffetta tra Isla e Lichtsteiner, ora che si riparla di campionato. Che Conte non abbia timori a prendersi pure dei rischi, tra ciambelle col buco e insoddisfazioni pratiche, è storia. Consola la prospettiva che il risultato è rimontabile e ribaltabile. La sconfitta non deve condizionare il giudizio sulla partita disputata. Questa sfida dura 180 minuti. il 2-1 fuori casa non è un cattivo risultato.

Sul gol di Garay, Conte ha detto che “sui calci da fermo marchiamo a uomo”. Ecco, difesa bianconera immobile. Distrazione fatale. Buffon impietrito si tuffa male e tocca appena. Bonucci ha grosse, grandi responsabilità sul primo gol dove non prova neanche a saltare sul centrale argentino e si fa fregare, molte meno su quella di Lima. Al di là della bella, veloce, fulminea azione, la disattenzione è di Pirlo che non segue l’inserimento di Lima. Quello di Pirlo è un errore di lettura. Pirlo non si abbassa mai e non deve abbassarsi in genere, ma nella situazione specifica, con Chiellini forte sull`uomo e Bonucci piuttosto lontano avrebbe potuto (dovuto) leggere la situazione e occupare quel corridoio. Perché Chiellini segue Cavaleiro, Almeyda viene controllato prima da Bonucci, poi da Caceres. Unica vera distrazione della ripresa pagata cara. 2 su 2, ma accade spesso così.

Partiamo dai punti deboli evidenziali dalla Juve: abbiamo sofferto molto, e ancora, sui calci da fermo, la qualità e il tasso tecnico sugli esterni è inferiore rispetto ad altre parti del campo (non ci possiamo aspettare sofismi tecnici da Lichtsteiner, Isla e Asamoah che, nonostante tutto, spesso si trovano a tu per tu col portiere di turno con una facilità quasi disarmante agli occhi dei tifosi), come quell’ultimo passaggio che manca sempre una volta arrivati al limite dell’area avversaria, errori che possono costare cari concedendo delle pericolose ripartenze. La Juve ha un allenatore che fa dei movimenti di squadra  e della propria economia di gioco un dettato costituzionale. Proprio la ricerca esasperata dello schema, la mancanza di praticità, è la croce e la delizia di questo impianto di gioco, che tanto ci fa vincere in Italia e tanto ci fa riflettere con le mani tra i capelli in Europa. Penso che il 50% delle nostre azioni manovrate non si finalizzi proprio per la mancanza di quella spontaneitá che non c’è negli ultimi metri. Si dice spesso che la Juve gioca difficile e, in generale, la Juve soprattutto a squadre “aperte” cerca ancora giocate e soluzioni talvolta eccessivamente difficili per i parametri europei. Invece il Benfica gioca, in fase di possesso, un calcio elementare. Che non è per forza un male, anzi. Giocano un calcio abbastanza elementare anche Chelsea e Atletico Madrid, semifinaliste di Champions League(per ricollegarmi al discorso accennato sopra). Credo che Conte troverà una bella via di mezzo tra questi due estremi nel futuro, ne sono certo. È la mossa che ci farebbe fare un notevole salto di qualità.

Torniamo a noi. Qualche errore di troppo dei bianconeri sulla trequarti avversaria, errori banali, occasioni sprecate, con un Benfica che concede molto. Bisogna saperne approfittare meglio. Il Benfica è una squadra temibile, ma che la Juventus può battere. I lusitani hanno evidenziato molteplici limiti strutturali, soprattutto su possesso consolidato da parte della Juve che anche con una certa frequenza ha attaccato il lato debole della difesa lusitana e ha creato azioni pericolose. Insomma, punti deboli ne hanno e in trasferta potrebbero emergere anche in maniera nitida. Il fattore campo ha influito al Da Luz e influirà anche allo Juventus Stadium. Al ritorno serviranno esterni alti, dinamismo in mezzo al campo, cinismo in fase realizzativa, cattiveria, fortuna, lucidità, tante componenti che si completano. E qualche inserimento in più da parte delle mezzali, eccessivamente schiacciate sulle punte nel primo tempo. In questo senso manca come il pane Arturo Vidal che bene sa prendere il tempo ai fianchi dei difensori e bene sa allargare le difese avversarie.

Da sottolineare c’è il fatto che il Benfica ha segnato subito e per questo ha condotto per larghi tratti una partita di contenimento. Come a Monaco lo scorso anno, come sarebbero finite entrambe le trasferte senza il vantaggio iniziale lampo? Nel primo tempo la squadra di Conte, soffocata dal ritmo dei rossi e pure presa in contropiede, rischia di subire il secondo gol con ripartenze ficcanti, veloci e dirette. La transizione offensiva del Benfica è questa, attaccando la Juve su spazi ampi e aperti per muovere la difesa a tre, disinnescando le fasce laterali bianconere dove Lichtsteiner e Asamoah si trovano presi in mezzo da Markovic e Andrè Gomes che si allargano molto bene e raddoppiati da Rodrigo e Sulejmani in fase di possesso. Quella di non possesso invece è stata coraggiosa e aggressiva con una linea difensiva sempre piuttosto alta.

Conte, tuttavia, nella ripresa ha risposto alzando ancor di più il baricentro della squadra, ha chiesto alle catene laterali scalate difensive ancora più aggressive, con gli esterni alti ed i difensori laterali molto pronunciati in avanti, rispetto a quelle mostrate nel primo tempo, in modo da accorciare la squadra e non lasciare lo spazio sufficiente per le ripartenze avversarie. I portoghesi hanno esasperato la ricerca del fuorigioco. Ancora paziente giro palla, meno verticalizzazioni, più attacchi laterali, ricerca della giocata sul lato debole e inserimenti delle mezzali.

Infatti prima Vucinic serve sulla corsa Marchisio che allarga la difesa del Benfica e crossa per la testa di Pogba, poi Pogba apre sul fianco sinistro della difesa del Benfica per la corsa  di Lichtsteiner(manca il gol Marchisio che non chiude sul primo palo, poi nel secondo tempo spara su Artur), infine il gol nasce da un’apertura di Marchisio sul fianco destro della difesa del Benfica per Asamoah che scarica su Tevez. Due occasioni nitide volute e cercate e un gol. Su azione manovrata il Benfica non è più riuscito ad impensierirci ma i lusitani non sono più riesciti a consolidare il possesso palla come nel primo tempo.

Poi si è sbloccato Tevez. La rete in Europa gli mancava dal 2009, quando vestiva la maglia del Manchester United (vittima il Porto, tanto per restare sul posto). Il suo gol è una manna dal cielo e fa passare la sconfitta in secondo piano perché i giochi sono ancora del tutto aperti. Ha fatto tutto lui, ne ha fatti sedere due, poi ha bucato la rete. L’Apache nel momento più importante. Straordinario, fine del digiuno. 1842 giorni dopo. Da una portoghese a una portoghese. Azione di prepotenza e cattiveria agonistica.

Juventus quindi a due facce, impacciata nel primo tempo, intraprendente nel secondo. Qualche errore che mina sempre il percorso e la volontà ogni volta di recuperare.

In conclusione. Una gara che ad un certo punto la Juve avrebbe meritato di vincere si trasforma in una sconfitta causata da errori elementari ed evitabili. C’è di buono che la consapevolezza, la fiducia di una squadra che, in un ambiente caldissimo, ha retto l’entusiasmo degli avversari, superando il primo momento di smarrimento, ricostruendo piano piano la propria partita  e imponendo all’avversario ritmi elevati. Ho sentito tifosi dire che la Juve è lenta e noiosa, fidandosi di una sensazione e senza dare un reale significato alle parole. Gli addetti ai lavori, invece, parlano sempre di una Juve impressionante, che arriva in porta sempre con una certa facilità e che ha la capacità di chiudere l’avversario in gabbia e bombardarlo sin quando non si arrende, sportivamente parlando. Chiedete ad Artur.

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