Senza aiutini

Share: Facebook Twitter Pinterest di Davide Peschechera A mente fredda. Ho voluto capire perché i due gol sono regolari e non sono stati annullati e perchè Rizzoli ha dato il […]

di Davide Peschechera

A mente fredda. Ho voluto capire perché i due gol sono regolari e non sono stati annullati e perchè Rizzoli ha dato il rigore. Senza sottovalutare “er sistema” che ci ha consentito lo Stadium (prima che crollasse, ovvio). Passa qualche minuto e penso: “Due gol regolari, un rigore sacrosanto, due espulsioni giuste, nessun aiutino. Non è possibile, questa partita è assolutamente da ripetere. Anzi, no. Perché Bergomi a partita in corso conferma: “vince la Roma anche se perde.””.

Il problema del giuoco del calcio è che dopo molto parlare, infatti, tocca giocare. E mentre noi vinciamo sul campo, gli altri chiacchierano. Con la Roma ci si diverte sempre: negli ultimi tre anni tra campionato e Coppa Italia allo Stadium, Juventus-Roma 14-1. Nel dettaglio: Giaccherini, Del Piero, Kjaer, Vidal, Vidal, Pirlo, Marchisio, Pirlo, Vidal, Matri, Osvaldo, Giovinco, Vidal, Bonucci, Vucinic.Ricapitoliamo: 13 gol dei giocatori della Juve più due di romanisti (Osvaldo e Kjaer). Peccato che uno dei due romanisti (Kjaer) abbia fatto gol nella propria porta. Quindi aggiorniamo: le visite allo Stadium sono finora costate alla Roma 4 sconfitte, un solo gol segnato (su rigore di Osvaldo) e 14 subìti. Tutte vittorie nette e incontestabili. Continuando con questa media punti si rischia di forare il tetto dei 100 punti finali (103,44 per esattezza). Il campo racconta di una Juve stratosferica: sempre vincente in casa, con dieci successi consecutivi in campionato. La grinta famelica di Conte ha contagiato il gruppo che da qui si autoalimenta per continuare a combattere, dominare, imporsi. È un gruppo di persone che lavora con dedizione, spirito di abnegazione, con consapevolezza delle proprie debolezze e con l’umiltà dei propri punti di forza. Gli altri, anche se tecnicamente alla pari o superiori, perdono perché non hanno questi ingredienti. L’autostima del gruppo, del mister, della società, dell’ambiente tutto, ha raggiunto picchi quasi impensabili e per la medesima ragione, le ambizioni della Roma hanno subito un brusco ridimensionamento. In fondo, i giallorossi tre gol in una gara sola non li avevano ancora presi. La Roma era imbattuta e aveva subito 7 gol in 17 partite. In una ne ha presi quasi il 50%. Il mister ha la capacità di caricarmi persino dal divano. Dieci trionfi di seguito come nel 1932. Il nono successo casalingo (su altrettante partite disputate), ma soprattutto la vittoria numero 16 in campionato, su 18 gare disputate. Con 49 punti (sui 54 disponibili!) conquistati e con un +8 proprio sui giallorossi, i bianconeri hanno conquistato il platonico titolo di Campioni d’Inverno con 90 minuti d’anticipo. E per la terza stagione consecutiva. Ricapitolando: in campionato il 70,21% di vittorie dal 2011 a ora, il 23,40% di pareggi, il 6,38 di sconfitte (una sola quest’anno, quella di Firenze dopo un primo tempo stradominato). Percentuali derivate da 94 partite, 66 vinte, 22 pareggiate, 6 perse. Un raffronto con Fabio Capello, già sorpassato: per il mascellato 69,74% di trionfi, 23,68% di pareggi, 6,58 di sconfitte. Più otto e vantaggio dilatato, ingigantito. Chi è abituato a vincere ha continuato a vincere, chi si sta attrezzando per riuscirci si è sgretolato prima sotto il profilo psicologico e poi sotto quello tattico. Alla Roma sono cambiate moltissime cose, la squadra è bellissima. Una cosa però, per ora, è rimasta uguale: quando si mette male si perde la testa. Vedi De Rossi. E la faccia. Vedi Totti. Della vittoria della Juve impressiona la consapevolezza della sua forza. Della sconfitta della Roma impressiona che al primo ko è disfatta. Per mentalità e gioco la Roma è la squadra che più si “avvicina” alla Juventus tra le altre. Ma non regge le pressioni. E questo è il male. Nonostante sia tecnicamente forte. Non ci sta che la Roma perda spesso la testa a partita compromessa, compromettendo così anche le successive. Vecchio vizio.

Partita studiata a tavolino, in allenamento. Atteggiamento Juve voluto e cercato da Conte, trasmesso e inculcato ai suoi giocatori. Tanta densità nella nostra area e ripartenze avversarie annullate. Tra il primo e il secondo tempo, però, ci sono state più intensità e meno errori da parte dei nostri e questi due cambiamenti hanno fatto la differenza. Per un tempo non avevamo mai visto la capolista giocare – in campionato – alla pari del suo avversario, persino prudente, quasi preoccupata di non prestare il fianco ai micidiali contropiedisti giallorossi. E’ stato bravo Conte a preparare il match, a modellarlo sulle caratteristiche di chi aveva davanti, a frenare quando c’era da frenare, ad accelerare quando è stato possibile. Poi, una volta contenuta la furia giallorossa, non c’è più stata storia. Avesse osato, la Juve si sarebbe offerta proprio ai micidiali contropiedi giallorossi. La Roma, d’altronde, è una squadra che comunque non si sottrae a fare la partita se le si lascia spazio, ma le migliori vittorie le ha avute lasciando il pallino ad altri. Impacciati., infatti, col pallone tra i piedi: poche soluzioni offensive e reparti messo in ombra. Noi se c’è da fare la partita, la vinciamo, e siamo cinici se non la facciamo. Loro soffrono a farla con le piccole e con noi. Ma sono letali nel non farla con le grandi. E noi non glielo abbiamo concesso. Conte ha asfaltato Sassuolo e altre piccole. Garcia no. La Roma è dunque una squadra che se non ha spazi da attaccare o per allungare, perde tanto, nonostante giocatori molto tecnici. il possesso palla fine a se stesso ha messo in mostra pregi e limiti di un attacco che non ha saputo allargare le nostre maglie. Dall’altra parte, c’è stata la straordinaria capacità, maturità e duttilità della Juve di mutare atteggiamento e di vincere entrambi gli scontri diretti, col risultato di 3-0, ma giocando in due maniere diametralmente opposte. Il3-0 di oggi, infatti, è molto simile al 2-0 dello scorso anno contro il Napoli di Mazzarri allo Stadium, ma non al 3-0 di quest’anno contro il Napoli di Benitez. Da grande allenatore, quindi, Conte ha deciso per una volta di non fare la partita e da grande squadra, con umiltà, questi giocatori hanno deciso di seguire il mister e rinunciare alla solita manovra avvolgente. Tanta oculatezza nell’orchestrare le manovre offensive e squadra racchiusa in 35 metri, a muoversi mantenendo queste distanze, questo spazio, in questi pochi quanto efficaci metri quadrati, in fase difensiva. Ci sono molti modi di vincere e molti modi di perdere. E le due cose combaciano quando c’è dominio totale da parte di una sola squadra. Conte ha lavorato anche per Garcia costruendo alla perfezione la sconfitta della Roma, neanche al Bernabeu aveva lasciato così tanto spazio all’iniziativa degli avversari, sintomo che Conte intendeva vincere convincendo, questa volta, prima sul piano tattico che su quello del gioco. Il fine giustifica i mezzi e spesso, per Conte, i mezzi coincidono sempre col fine. L’input era quello di fare la Juve in fase di possesso palla, di limitare gli avversari con grande umiltà in fase di non possesso. E poi i giocatori, al di là degli schemi e delle tattiche. Tevez più di Totti. Pogba il vecchio, 20 anni pesanti e maturi come fossero 40, Pirlo il giovane, 34 anni leggeri e creativi come fossero 17. E tutti gli altri, che hanno fatto il solito, il massimo, il meglio. La Roma come un diesel nel primo tempo, la Juve come un turbo quando, alla prima occasione buona, ha ammazzato subito la partita.

Una Roma che sì ha cercato di giocarsela, ma è stata anche un po’ presuntuosa, visto il risultato. Ai romanisti, infatti, lasciamo la convinzione di essersela giocata alla pari. Il prepartita è cominciato con De Rossi che, qualche settimana fa, aveva affermato che: “Chi ci sta davanti in un momento particolare è stato fortunato con gli arbitri. Alcuni episodi che ci possono stare in un campionato, episodi che si pareggiano nell’arco di una stagione. E noi aspettiamo di pareggiarli“. Messaggi al sistema? Poi il Corriere dello Sport venne subito in suo aiuto e accese la sfida con le solite parole di Turone sbattute in prima pagina: “Turone accende la supersfida «La Juve ha sempre l’aiutino»”. Giornalismo degno della considerazione di cui gode all’estero. Poi Totti: “Roma più forte, vinceremo. Ma attenti, la Juve ha sempre l’aiutino”. Gli ha risposto prima Conte che, in conferenza stampa, non volendo alimentare tensioni pre-gara, interpellato su queste ultime dichiarazioni del capitano giallorosso, sull’insinuazione che “anche questa Juve riceva aiutini” ha risposto: “Ma sai, già potrei obiettare sull’anche… Guarda, la prendo sul ridere perché è giusto che quando ci sono chiacchiere da bar, da tifosi, bisogna prenderla sul ridere e prenderla in maniera molto serena. Io dico che non ci sono delle risposte da dare a chi fa queste affermazioni. Anzi, io insegno ai calciatori, a chi lavora con me, a chi mi frequenta, che le risposte vanno date sempre sul campo, perché il campo rende giustizia sempre a tutto e a tutti. E dico che in due anni e mezzo il campo ha reso giustizia alla squadra più forte, in maniera anche molto netta e clamorosa alcune volte”. Poi Buffon, prima sul campo e poi ai microfoni, a fine gara: “Aiutino è la scusa di chi non vince mai”. L’unico aiutino che puoi avere, Francesco, e’ quello per salire sull’aereo e tornartene a casa o quello di Rizzoli che non concede recupero per evitare il quarto gol della Juve. Garcìa, poveretto, ha cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, forse perché ha capito l’ambiente nel quale si è ritrovato e, proprio in conferenza stampa, all’elenco dei precedenti Juve-Roma dei giornalisti, ha risposto: “Ma cos’è, un corso di storia?”. Ma continuiamo con la rassegna stampa. È il turno di De Sanctis: “Il sistema italiano rende i bianconeri assolutamente più forti. A partire dallo stadio, che è un grande vantaggio. Al di là del risultato, in più di noi la Juventus ha solo gli otto punti in classifica.” Lo ha detto nei giorni scorsi e lo ha ribadito a fine partita. Il Sistema di Morgan De Sanctis o, in altre salse, “Il Palazzo”, o “Il Vento del Nord”, che fa il gioco della Juventus attraverso diversi “aiutini”, che ha permesso alla Juventus la costruzione dello stadio e che implica sudditanza psicologica nei confronti dei bianconeri. Una dimostrazione? Naturalmente la debacle europea e gli arbitri che, in Europa, non subiscono sudditanza. Vedi Grafe in Real-Juve. Paolo Liguori addirittura delirante a Tikitaka, appoggia la “teoria” di De Sanctis e paragona il giallo di Chiellini del primo tempo col rosso di De Rossi e dice che su Castan il pallavolista c’è spinta e fallo. Tutto frutto del sistema, degli aiutini e della sudditanza dello Stadium, naturalmente. Due pesi e due misure di Rizzoli, insomma. Per fortuna che concludono i nostri, Bonucci e Barzagli, dicendo l’uno che “Le parole pre-gara? “Le lasciamo a loro, noi facciamo parlare il campo. Negli ultimi anni a Torino li abbiamo sempre dominati.”, e l’altro: “Ci sono state dichiarazioni che ci hanno fatto girare un po’ lo stomaco e quindi hai un po’ di carica in più quando scendi in campo. Comunque sono cose che fanno parte del calcio, nessuno si è offeso”. Eh vabbè, non sanno perdere. Però poi penso e dico, tra me e me: “Ma che m’importa, se allo stadio c’era David Trezeguet…”

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