Come si gestisce Pirlo?

Share: Facebook Twitter Pinterest di Davide Peschechera Altra pausa per le Nazionali, altra pausa di riflessione. Altra pausa per pensare al futuro. Prossimo, immediato e lontano. Sotto la lente d’ingrandimento […]

di Davide Peschechera

Altra pausa per le Nazionali, altra pausa di riflessione. Altra pausa per pensare al futuro. Prossimo, immediato e lontano. Sotto la lente d’ingrandimento ci va proprio colui il quale ha risolto la partita contro il Milan col gol del pareggio e propiziando il terzo di Chiellini. Per mettere in dubbio le qualità di Andrea Pirlo e gettare un’ombra su un giocatore unico, servirebbe una dose di coraggio tale da tracimare nella cecità di giudizio. Altro discorso è sostenere che questo Pirlo possa essere un giocatore da gestire, se non proprio centellinare. Il suo impiego deve essere dosato. La fatica gli toglie lucidità, però il regista vuole giocarle tutte. Il campione, in quanto tale, non accetta di essere messo da parte e vuole rispondere con i fatti alle critiche ma il credito verso certi giocatori non deve essere illimitato. La risposta al “caso”, se di caso si può parlare, infatti, Pirlo l’ha già data, sul campo. Non serve parlare quando sai giocare a pallone. Pirlo scrive ancora coi piedi: fondamentale nella Juventus, indispensabile per il calcio italiano. Ci mancherebbe che sia Pirlo a chiedere di giocare a gare alterne. Anzi è in virtù dell’ambizione che lo nutre, e della costanza mostrata allenamento per allenamento, che l’azzurro si è costruito un percorso calcistico da assoluto fuoriclasse. Il problema è che eravamo stati abituati troppo bene, tutti: tifosi, avversari, appassionati, curiosi. E lui stesso. Pirlo non sbagliava, Pirlo non usciva, Pirlo giocava 38 partite su 38, più la Champions, più la Nazionale. A 34 anni non potrai mai essere come a 28. Negli ultimi giorni l’ha accettato lui, ora tocca a noi. Ci tocca per onestà. Perché il vero e unico caso che riguarda Andrea Pirlo è che non c’è ancora il suo erede. Pirlo è Pirlo, anche se dicono che non sorrida più e lo dicono come se prima invece lo facesse.

L’addio al Milan dimostra proprio l’esigenza di Pirlo di sentirsi sempre parte importante di un progetto ambizioso. Al momento Conte non è ricco di alternative in panchina ed a gennaio si tornerà a parlare di un centrocampista. Nessun caso Pirlo ma una situazione che, prima o poi, si sarebbe presentata. Occorre intervenire sul mercato per affiancare un giocatore che possa raccoglierne l’eredità già a stagione in corso ma poi ci sarà un normale avvicendamento mascherato da turnover al momento opportuno.

Anche se non sarà facile, perché Pirlo è il tempo, il ritmo, le pause. Si passa da lui. E’ il genio della semplicità. È così che deve andare ed è così che va, con un tocco o con due, non di più. Con il passaggio in profondità che sembra una cosa tramontata e che riappare improvvisamente quando lui stoppa e poi mette dentro in verticale. Imbarazzante marcarlo ogni volta che tu gli vai addosso e lui s’è già liberato del pallone. Imbarazzante pensare che sono in pochi a poter fare quello che fa lui. È un talento che non nasce per strada, ma su un campo di calcio. Genio e regolatezza, non ci si stanca mai di lui e delle sue semplici giocate. Pirlo non è ciò che un bimbo vuol essere quando comincia a giocare, ma è ciò che sogna di essere qualunque giocatore quando sta per finire.

Fuori, però, per scelta tecnica a San Siro. Per scelta tattica col Verona. A riposo col Torino. Per scelta indigesta, sempre. Cerca di tenere sempre alta la tensione e non si lascia sfuggire mai l’occasione per scuotere la coscienza collettiva del suo gruppo il mister Antonio Conte, soprattutto in una stagione, questa, molto più difficile delle due precedenti. Ed è in questo senso e in quest’ottica che vanno visti il turnover ed il rispetto di regole che non c’è bisogno di appendere nello spogliatoio. Le conoscono bene tutti, in vigore da due anni, hanno contribuito sicuramente alle vittorie sino ad oggi ottenute e a quella compattezza di gruppo nata anche in questo modo. Regole precise da seguire dentro e fuori dal campo. Ma al di là del nervosismo comprensibile del regista bresciano contro il Verona, scortato per tutto il match dalla marcatura ossessiva di Jorginho (che di fatto si è disinteressato all’andamento della partita), l’episodio è andato un po’ in contrasto con la figura universalmente riconosciuta di “gruppo Juve” ma pare essere già acqua passata.

“Con Andrea non c’è stato nessun chiarimento perché prima non c’era stato bisogno di mettere una regola. Adesso c’è e va rispettata. Quindi Pirlo non ha fatto niente di particolare perché poteva farlo. Nella gestione di un gruppo ci sono delle norme da mettere, per cui quando vedi che qualcosa non va bene, ci mettiamo subito una bella regola che vale per tutti e siamo molto più tranquilli e sereni”. Una mossa strategica che gli ha permesso di dribblare il presunto caso che giornalisticamente si stava montando e le solite domande tendenziose, di evitare che, in un momento delicato come questo, Pirlo venisse punito o multato e respingere qualsiasi tipo di strumentalizzazione per l’uscita dal campo di Pirlo.

D’altronde, già in passato atteggiamenti sbagliati dei suoi giocatori gli avevano dato il pretesto per dettare qualche regola fissa che, via via, Conte aggiorna ispirato dalle situazioni. Tipo? Cominciamo col “caso Quagliarella”. Gli uomini dello staff vanno rispettati al pari di Conte. Chiunque abbia un comportamento poco educato o irrispettoso nei loro confronti viene punito come se lo avesse tenuto con l’allenatore. Proprio Quagliarella, infatti, sostituito lo scorso anno a San Siro, aveva alzato la voce con Alessio e non giocò per qualche giornata. Oppure c’è il “caso Elia”: la bilancia è come un giudice, massimo rigore anche in tavola. In ritiro, ma anche a casa. Niente pane, zucchero ridotto al minimo, e grande attenzione nel rispettare le indicazioni dopo le analisi periodiche. Chi pesa troppo non gioca. Elia in qualche caso non superò l’esame della bilancia e stette fuori. Ma non è finita qui perché c’è anche il “caso Pogba”. L’orario di allenamento viene comunicato al giocatore solo nel tardo pomeriggio del giorno prima attraverso un sms, per ridurre al minimo le divagazioni. Per i giocatori diventa difficile programmare il loro tempo libero con attività potenzialmente distraesti dall’impegno calcistico. Chi arriva in ritardo all’allenamento prende un’ “ammonizione”, al secondo scatta la “squalifica” con mancata convocazione per la partita successiva. Due ritardi consecutivi in una settimana portarono il francese a saltare la trasferta di Pescara, nonostante il momento particolarmente brillante. Infine, la “legge Pirlo”: se si viene sostituiti e non si è gravemente infortunati, si deve rimanere in panchina per il resto della partita. Chi va direttamente negli spogliatoi viene multato e messo fuori rosa per un mese. Senza montare nessun caso.

Con l’Italia a Napoli ha giocato 90 minuti spalancando la porta a Mario Balotelli con un gioiellino dei suoi. E la punizione-gol e quella stampatasi contro la traversa della porta di Christian Abbiati dimostrano che il piede del genio juventino è caldo. Quello contro il Milan è stato il suo settimo centro su palla inattiva. Negli ultimi tre anni meglio ha fatto soltanto Francesco Lodi (8), che non a caso è soprannominato “il Pirlo di provincia”. L’ex rossonero viaggia alla velocità di un assist a partita e il 60 per cento dei suoi passaggi (dati Opta) vanno a buon fine. Medie altissime. Finalmente nell’ultimo anno in Nazionale, Pirlo ha anche avuto un trattamento di riguardo. Prandelli lo chiama sempre anche se gli concede un minutaggio bassissimo “per fare gruppo”. Delle 17 gare che la nazionale ha giocato dall’ottobre 2012 al settembre 2013, Pirlo ne ha disputate 13 di cui solo 8 stando in campo dall’inizio alla fine. In tutto ha accumulato 1.032 minuti in azzurro di cui 811 (su 840′, cioè il 96,5%) in partite per la qualificazione al Mondiale o in quelle che contavano della Confederations. Quando ci sono stati in ballo i 3 punti ha sempre giocato o è stato sostituito per pochi minuti (16 in Armenia e 13 in Repubblica Ceca). Nelle amichevoli, invece, Prandelli lo ha fatto rifiatare: 4 presenze su 8, contando anche le sfide contro Brasile e Uruguay alla Confederations, la prima a qualificazione ottenuta e la seconda per il 3° e 4° posto, una sola volta per 90′ e accumulando in tutto 221′ sui 720′ possibili (29,3%). Un occhio di riguardo? Sì, decisamente.

Andrea Pirlo, trentacinque primavere il prossimo maggio, tornerà a discutere il proprio contratto con Marotta ed il proprio entourage, dopo i primi sondaggi non andati a buon fine (c’era distanza sulla sia sulla durata, sia sulla parte economica), nei primi mesi del 2014. Non si sa come andrà a finire, anche se per Marotta ci sono: “Porte apertissime, ascolteremo le sue esigenze. Saremmo orgogliosi di poter continuare con lui” e per Agnelli: “Di certe questioni si occupa Marotta, ma io posso dire che Andrea alla Juventus si può sentire tranquillamente a casa. Starà lui a decidere il suo futuro”.

Gli anni passano per tutti, anche se per il suo modo di giocare potrebbe tranquillamente andare avanti per un altro paio di stagioni. Va impiegato con giudizio. Conte e Prandelli stanno facendo benissimo quindi a dosarne le energie ed a provare squadre non “Pirlo-dipendenti”. Nelle ultime uscite, il regista bianconero ha perso almeno un paio di palloni pericolosi a partita, tanto da poter innestare le ripartenze della squadre, situazione che, se ci spaventa poco in Italia, in Europa potrebbe riservarci brutte sorprese. Allo stesso tempo ha pure illuminato in qualche circostanza la manovra con i lanci intelligenti e calibrati per i quali è riconosciuto fuoriclasse. Anche se “l’ultimo” Pirlo, stando alle statistiche, sta migliorando l’efficacia delle giocate, rispetto al passato, in passaggi riusciti, ma sta riducendo l’incidenza delle occasioni da rete.

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