Quanto conta Antonio Conte

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“Senza di te non andremmo lontano, Antonio Conte è il nostro capitano!” Urlano così i tifosi bianconeri allo Juventus Stadium e non solo, e mai come in questa circostanza è possibile affermare quanto un semplice coro da stadio rappresenti una verità mai troppo indagata e raccontata.

C’era una volta una società, la più gloriosa d’Italia e una delle più importanti in Europa che veniva forzatamente retrocessa e quasi annientata con una operazione talmente ridicola da potersi realizzare soltanto nel nostro Paese. Le cause che hanno reso possibile “farsopoli” sono ancora tutte da indagare e da verificare e non è questo il luogo adatto a farlo; qui basti dire che la Juve è stata attaccata quando era più debole nonostante fosse al massimo della sua forza sul campo. Era debole poiché erano morti l’Avvocato e il Dottore, ossia due grandi italiani che amavano la Juve forse più ancora della stessa Fiat.

Si creò uno spaventoso vuoto di potere nella galassia Fiat e a farne le spese fu proprio la Juve, di cui si temeva la forza della Triade e la loro vicinanza al ramo umbertiano degli Agnelli. A tutti consiglio la lettura del libro: “Agnelli Segreti” di Gigi Moncalvo che racconta questo e molti altri episodi poco conosciuti della famiglia Agnelli.

Quel che accadde dopo lo sappiamo tutti: la Serie B, il ritorno in A e in Champions League, la Juve di Blanc, Cobolli Gilli, Secco, Ranieri e Ferrara, quella che stava diventando simpatica, proprio come volevano in molti (juventini esclusi). Talmente simpatica da regalare svariati milioni a chiunque avesse un aspirante campione da vendere (Amauri, Felipe Melo, Martinez e fermiamoci qui per non rovinarci la giornata). Talmente simpatica da perdere spesso e volentieri, con il sorriso sulla bocca e terminando per due volte al settimo posto.

Nonostante l’arrivo alla Presidenza di Andrea Agnelli, nonostante le promesse, poi rispettate, di ripianamento dei debiti da parte della proprietà e, ancora, nonostante si continuasse a comprare giocatori in tutti i ruoli, la Juve non vinceva. I giocatori si auto-ammutinavano (con Ranieri sembrava non si riuscisse più a vincere quelle due partite necessarie ad arrivare secondi ed evitare i preliminari poi, chiamato alla guida della squadra Ciro Ferrara, i sei punti arrivarono come fosse la cosa più naturale al mondo…); i tifosi perdevano la pazienza e la speranza, gli avversari si prendevano burla di tutti noi.

Poi è arrivato Antonio Conte. Un allenatore giovane ma con alle spalle brillanti promozioni dalla B alla A, ottenute giocando un calcio spettacolare. Un allenatore che forse poteva non essere ancora da Juve ma che la Juve, quella vera, quella antipatica e vincente, la conosceva bene, avendola incamerata dentro di sé sin da bambino come tifoso e poi come giocatore e capitano.

Un allenatore che, sin dal primo giorno di allenamento, ha raccontato, con le urla e i discorsi a muso duro, cosa significasse essere la Juve. La Juve ogni giocatore deve dimostrare di meritarsela. Mai può accadere il contrario. Che tu abbia la classe di Sivori, Del Piero, Baggio, Zidane o Nedved o che tu sia un De Agostini, un Favero o un Birindelli poco importa: quando ti alleni e quando giochi rappresenti qualcosa di importante e, per questa cosa, devi sputare sangue.

Senza Antonio Conte, ne sono convinto, non saremmo finiti nuovamente settimi ma non avremmo vinto il campionato nella stagione 2011/2012. Qualche possibilità in più l’avremmo avuta l’anno successivo, anche per il progressivo indebolimento altrui, ma non ci sono certezze al proposito.

Senza Antonio Conte anche la nostra dirigenza sarebbe diversa. Andrea Agnelli è persona capace e appassionata, però molto giovane e, soprattutto, quasi abbandonato a se stesso dal resto della famiglia; come a dire: ecco, a te la Juve, ora dimostra di valere quanto tuo padre. Marotta è un ottimo DG ma solo oggi sembra davvero meritarsi di essere non il DG della Sampdoria ma quello della Juve. Come se entrambi oggi fossero più consapevoli della loro forza, anche perché le vittorie aiutano a vincere.

Oggi non può esistere un giocatore che vada in campo senza voglia. Oggi non può esistere che si molli la presa e si rinunci ad un obiettivo. Oggi, soprattutto, la Juve è tornata ad essere antipatica. E se qualcuno, come ha fatto Allegri nei giorni scorsi, rimprovera la Juve di non reagire bene alle battute si becca, pronta, la risposta: noi prendiamo tutto seriamente perché siamo la Juve e vogliamo vincere.

Antonio Conte ha il merito di aver reso possibile tutto ciò. Forse ne sarebbe stato capace anche qualcun altro ma questo non possiamo saperlo. Ci ha provato Ciro Ferrara, senza riuscirci. Non bastava essere stati campioni nella Juve, occorreva anche saper trasmettere gioco e filosofia bianconera, come Conte ha saputo fare e, forse, solo gente come Capello o Lippi avrebbero potuto ottenere lo stesso risultato.

Conte è allenatore preparatissimo e ambizioso. Lavora in modo eccezionale sotto tutti i punti di vista: tecnico, tattico e mediatico. Ha dato un gioco alla sua squadra e, ad ogni stagione, ha cambiato qualcosa, in modo da non essere mai prevedibile. E’ capace di sollevare la polemica ad arte quando è necessario, mettendo se stesso davanti a tutto in modo da attirare l’attenzione e difendere e proteggere i suoi giocatori nei momenti difficili.

Spero possa restare a lungo alla Juve ma so che non sarà così. L’importante è che tutti, tifosi e soprattutto dirigenti siano consapevoli di quanto conti Antonio Conte. Dopo di lui non potrà esserci un Prandelli o un Ranieri. Ci vorrà qualcuno di altrettanto importante. E la società dovrà sempre tenere alta la tensione, perché alla Juve il secondo posto non è mai un risultato tale da consentire trionfalismi. Lasciamo ad altri il compito di godere di un secondo posto o di una Coppa Italia, con tanto di manifesti e festeggiamenti di piazza. Noi in piazza ci andiamo a celebrare trionfi.

Post By Emiliano Lemma (4 Posts)

Mi occupo di web da 14 anni, curo contenuti per svariati blog e siti internet. La mia ultima creatura è il blog I Faziosi, in cui scrivo di Juve, la passione più grande.

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