L’amabile chiacchierata con Aldo Serena – di Tweetgino

Dopo l’intervista a Matteo Materazzi, il nostro “Brio” Massimo riesce a contattare Aldo Serena e, memore del suo passato da stropper, lo marca stretto e lo incalza con le sue domande. Ne esce una bellissima chiacchierata, una splendida intervista a tutto campo che scorre via leggera, dove Aldo racconta e si racconta regalando immagini di un calcio dal bianco e nero ai colori, dal campo alla tv.
Faccio i miei complimenti più sinceri a Massimo per la classe da “giornalista navigato” con cui ha fatto l’intervista e un grandissimo ringraziamento a Aldo Serena, campione anche fuori dal campo, per la sua simpatia e la sua disponibilità sempre dimostrata.

Ora vi lascio con quella che personalmente credo sia una delle più belle interviste che io abbia mai letto. Buona Lettura. 

Barza

Buongiorno Cav. Aldo Serena,

Parto da un aneddoto che “ci” riguarda. Ero un giovane studente di belle speranze all’Università di Padova e vivevo in zona Santo. Ti vedevo in quel periodo arrivare al martedì, giorno di riposo dell’Inter del Trap, con la tua Saab nera. Un giorno presi il coraggio di venire a romperti le scatole e ti offrii un gelato sotto i portici, fronte Basilica.  Accettasti con un sorriso e parlammo qualche minuto della comune passione, il calcio. Mi colpì la tua semplicità, il tuo comportamento non altezzoso. Doti rare, credo. Frutto forse della terra e delle famiglie che la abitano, da cui tu e io proveniamo. Quel gelato insieme, ha un posto privilegiato nel mio cassetto dei ricordi e con l’intervista di oggi, di cui vado onorato e fiero, mi pare si chiuda un cerchio, un appuntamento col destino.

Ci siamo ritrovati su twitter, reciprocamente follower uno dell’altro. So che hai visitato qualche volta il sito www.barzainter.it . La nostra mission è scrivere di pallone con ironia, con il sorriso sulle labbra, evidenziando le umane debolezze o le meschinerie del mondo calcistico. Da frequentatore dei social e del web, come vedi questo nostro tentativo di quietare gli animi ? Possiamo sperare in un futuro meno invelenito o siamo degli inguaribili Don Chisciotte ?

In un  Italia allo sbando, sperare che il calcio vada in una direzione diversa mi sembra ingenuo. Il lavoro da fare sarebbe profondo, in termini legislativi ed anche sotto il profilo culturale. Ben vengano iniziative che tendono a sdrammatizzare, ma ho la sensazione che ci vorrà più di una generazione, se va bene.

Passiamo alla tua storia, partendo da lontano, dalle tue origini. Inizi l’avventura nel mondo dello sport come pivot di pallacanestro. Treviso vanta una tradizione notevole in materia. Ma poco dopo scegli il calcio, che fin da bimbo, nel tuo  Montebelluna, si dice vivessi con grande passione, con meticolosità e impegno. Che ricordi hai del calcio spensierato dei tuoi primi anni ?

Ho sempre lavorato sin da piccolo nel laboratorio di calzature di mio papà, studiando e giocando nei ritagli di tempo. La situazione non era spensierata. Il mio amore per il calcio si è manifestato verso i 7-8 anni. A 10 anni sono entrato nelle giovanili del Montebelluna ed ho trovato un ambiente stimolante che mi appagava pienamente. Non avrei mai pensato di poter fare il professionista. La prima volta che ho preso coscienza di questa opportunità è stato quando a 17 anni ho cominciato a giocare da titolare ed alcuni club (Varese,Como,Juve) si sono interessati alle mie prestazioni.

Quel giovane ragazzino cresciuto nella zona del Piave, per che squadra faceva il tifo ? Chi era il tuo mito ?

Come hai detto varie volte sono sopra le parti per i miei trascorsi e quindi dribblo questa domanda anche se il dribbling non è stato mai il mio forte. Mi piacevano ed ero attratto da calciatori che avevano quelle caratteristiche che io non avevo: Mazzola, Sivori, Meroni, Rivera erano per me un attrattiva pura ed immediata.

Dal Montebelluna, fosti vicino a passare al settore giovanile della Juventus. Non se ne fece niente e poco dopo ti acquistò l’Inter. Com’è per un ragazzino questo grande salto nel buio, catapultato in un mondo nuovo e sconosciuto, lontano da amici ed affetti ?

Il primo anno a Milano è stato molto duro. Avevo 18 anni nel 1978, momento di crisi sociale con gli attentati delle brigate rosse. La mamma a casa, era molto preoccupata. Una città immensa per me che ero sempre vissuto in un paese, una giungla indecifrabile. Devo dire a posteriori che è stato però terapeutico, perché ho forzatamente dovuto violentare il mio carattere e cambiare. Sono diventato completo e più maturo di quello che avrei potuto essere se fossi rimasto a casa.

Con l’ Inter arrivi all’esordio in serie A, giochi poco, al fianco di un grande centravanti come Spillo Altobelli. Poi un infinito tira e molla avanti e indietro tra il resto del mondo e l’Inter, detentrice del tuo cartellino. Como, Bari, Milan in B, Torino e Juve. La Juve del Trap, di Platinì, dell’Intercontinentale a Tokyo. Chissà quante te ne saranno capitate, dentro quello spogliatoio. Mi racconti qualcosa di inedito e di divertente ?

Spillo era strepitoso. Una punta centrale come me. La chimica mia e sua non era perfetta come poi con Klinsmann (mio amico caro). Mi sono trovato meglio con Diaz, Laudrup, Schachner. Ho visto scazzottate fra miei compagni negli spogliatoi, aggressioni di giocatori  ad allenatori, atti di generosità estrema fra persone che pensavo insensibili. Lo spogliatoio è composto da giocatori di età ed estrazioni sociali diverse. Ora anche di provenienza, con calciatori africani, sudamericani, asiatici. L’allenatore e la società devono essere forti, sensibili e molto attenti a tutte le dinamiche relazionali della rosa.

In quell’ Argentinos Jr – Juventus , finito ai rigori (uno dei quali segnato da te) ci fu un episodio che stride con l’isterismo dei nostri giorni: Le Roi che segna uno dei goal più belli della storia del calcio. Annullato, inspiegabilmente. E lui che si sdraia sul terreno, con quel sorriso tra l’ironico e l’irriverente che solo un francese possiede. Senza dire una parola, senza alcun gesto. Oggi si vola, si simula, ci si arrabbia, si gesticola come tarantolati. Perché nel calcio-frullatore di oggi non è più possibile rivedere una scena così ? Cosa si è rotto o cos’abbiamo perso ?

Michel aveva ed ha l’ironia per poter in una frazione di secondo creare la polemica, anche con il sorriso. Era il preferito dell’Avvocato e credo che Michel si ispirasse un po’ ad Agnelli nel lessico pungente e sarcastico. Ora tutte queste sfumature vengono saltate a piè pari dai mezzi di comunicazione per avere la notizia a nove colonne di disastri, scontri, liti e polemiche.

Quella era la Juve del Trap, forse l’allenatore con cui hai avuto maggior feeling. Ma cos’è veramente il Trap? Più un grande allenatore-stratega o più un eccezionale gestore di risorse umane ?

Sono stato 5 anni con il Trap. Mi lega a lui un rapporto di stima, di affetto e di riconoscenza. Credo che le sue doti migliori siano l’umanità e la sensibilità associate ad una curiosità infinita. Lo hanno portato a modificarsi ed a stare sulla breccia per quasi 40 anni in un mondo che brucia tutto velocemente. E’ un ragazzino di oltre 70 anni.

In quella Juve piena di campioni il compianto Avvocato disse di te : “è un campione dalla cintola in su”. Lui aveva l’immunità, per qualsiasi cosa dicesse, ma tu, nel tuo profondo, come accogliesti quella battuta ?

Mi tranciò in due pezzi in quel momento. Mi telefonò subito Boniperti per rassicurarmi e per darmi fiducia e morale e questo mi fece molto piacere. Nel profondo però fui spronato a farlo ricredere : dopo 6 giornate di campionato farcite dai miei goal a ripetizione, mi gratificò dicendo ”la sorpresa fino ad ora è stato Serena, non pensavo fosse cosi forte”. Bella rivincita.

Il tuo colpo di testa è proverbiale. A me ricordava il mio idolo d’infanzia Bettega. Stesso stacco portentoso, stessa torsione del collo, difesa e conquista dello spazio con braccia, gomiti (parecchi gomiti) e corpo. Pensi che il parallelismo sia azzeccato ?

Anche Roberto aveva giocato in gioventù a Basket. Lui era più bravo di me ad andare incontro alla palla. Io ero più bravo di lui da fermo. Quando Bettega partiva, avendo il tronco e spalle robuste e potenti, ingombrava lo spazio, ed il difensore non poteva farci più nulla.

La battaglia era la tua sede naturale. Non si è mai capito se erano più le botte che davi o che prendevi. E a me piacevi per quello. Dei difensori incontrati in carriera, chi è stato il più indomito, il più difficile da superare ? Con chi te ne sei date di più ?

Devo dire che Vierchowod e’ stato quello più difficile da superare per le mie caratteristiche. Ho giocato con lui al Como ed abbiamo vinto un campionato di serie B insieme. Con Pietro non toccavo mai palla, perché aveva una velocità supersonica, ma gli fatto vari goal. Contro di lui giocavo prevalentemente in area di rigore confidando nella sua “presunzione di forza” ed al suo minimo errore io ero lì, pronto. Non ho mai fatto bella figura contro di lui, ma qualche goal si.

Hai avuto la fortuna di giocare con due tra i difensori più forti d’ogni epoca, Scirea e Baresi. Per quali qualità si distinguevano e tra di loro in cosa si differenziavano ?

Gaetano era una persona mite in campo e fuori. Un vero gentiluomo. Bravo tecnicamente, faceva spesso incursioni offensive e faceva anche goal. La cosa in comune con Franco era il carattere un pò riservato. Baresi in campo non andava molto per il sottile ed a differenza di Gaetano che cercava sempre la palla, lui prendeva tutto quello che passava li davanti…palla… ed anche gambe.

Caminiti, compianto maestro di  giornalismo, di te raccontava la passione per i libri e per la musica Rock. Non ti vedo, con gli Ac/Dc nelle cuffie, avrei giurato che eri più da Pooh o da Nomadi. Cosa ascoltavi quando giocavi per rilassarti o per caricarti ?

Ho iniziato ad 11 anni con i Pink Floid, poi Deep Purple, Led Zeppelin, Genesis. Veleggiavo fra il pop ed il rock di quegli anni. Poi da giocatore per caricarmi il Boss e gli U2.

Italia ’90. Nel giro di pochi giorni dal goal all’Uruguay nel giorno del tuo compleanno al rigore sbagliato nella semifinale. A parte il mio Tacconi tenuto in panchina, cosa non ha funzionato quel giorno a Napoli ?

Si era rotto l’incantesimo dello Stadio Olimpico che ci trascinava sin da quando entravamo a vedere il campo. La partita contro Maradona nel suo stadio e’ stata condizionata dal suo carisma  e dalla sua presenza non solo in campo, ma anche in quasi tutti gli spettatori sulle tribune. I tifosi erano divisi fra il loro beniamino e la loro Nazionale. La colpa fu però solo nostra. Giocammo senza quella compattezza che ci aveva contraddistinto e che non ci aveva mai fatto subire goal. Il rigore sbagliato e’ ancora una ferita aperta per me.

Il rigore. Cosa ricordi di quegli  attimi infiniti prima, durante e dopo il tiro ?

Non dovevo batterlo ma ci sono state delle defezioni tra gli incaricati. Io avevo oramai riposto la tensione giusta e quando Vicini mi ha detto di batterlo non sono riuscito a riprenderla andando in ansia con molta agitazione interiore. La porta sembra sempre più piccola nel mentre ti avvicini ed il portiere sembra gonfiabile, sempre più grande e grosso. Quando e’ cosi, diventa un impresa anche camminare.

Dopo il ritiro, avevi mai pensato a intraprendere la carriera di allenatore, Ds, procuratore sportivo ?

Da allenatore ci avevo pensato, mentre da procuratore e da Ds mi ero reso conto delle difficoltà che avrei avuto sotto il profilo caratteriale. Ho iniziato quasi da subito a fare le telecronache ed ho perso poi il momento per buttarmi nella mischia degli allenatori.

L’allenatore potenziale Serena, che tipo di calcio cercherebbe di proporre ? Da chi prenderesti ispirazione dei tuoi allenatori passati o da quelli di oggi ?

Dal Trap, da Radice , da Capello ed alcuni spunti da Castagner. Sono stati miei allenatori e tutti  di grande spessore. Mi  ispirerei oggi  più che a Guardiola o a Mourinho, che vanno per la maggiore, a Jurgen Klopp del Borussia Dortmund. Mi piace tantissimo come gioca la sua squadra  e lo spirito che hanno in campo.

Domanda a un bomber di razza: budget illimitato. Chi prendi per l’attacco della Juve di Conte ?

Illimitato? Messi ! Con un budget alto Falcao, con pochi denari Klose.

Da qualche anno ti occupi di Tv. Ricordo un tuo screzio in diretta col Geom. Galliani a Controcampo, con minaccia di non farti mai più apparire su Mediaset. Come andò a finire, il dietro le quinte di quella lite ?

Non te lo so dire….io sono andato avanti e lui pure.

Ad oggi, detto senza piaggeria, sei secondo me la miglior seconda voce o commentatore tecnico che dir si voglia, del panorama calcistico italiano. Ti viene riconosciuta una proprietà di linguaggio fuori dal comune, profonda conoscenza di tecnica e di tattica, capisci di psicologia “da spogliatoio”. Ma la dote che maggiormente apprezzo è il tuo riuscire ad essere “SuperPartes”, mai fazioso. Una vera mosca bianca, rispetto a tanti ultras malcelati da commentatori. Il merito va dato al grande amore per questo sport o al fatto che, avendo giocato con le 3 società più titolate, hai il cuore equamente suddiviso ?

Il mio sogno era quello di riuscire ad essere una bandiera in campo. La mia carriera si e’ sviluppata in un altro modo e non sempre per mia volontà. Cambiando quasi ogni anno dovevo azzerare i sentimenti e i legami, per potermi dare in maniera completa, con tutto me stesso, nella nuova avventura. Una cosa non facile. Ora quando mi muovo per andare a fare una telecronaca mi ricordo di certi momenti e cerco di astrarmi, di azzerare tutto per poter essere neutro.

Infine l’ultima domanda, quella non propriamente “politically-correct” : chi è il telecronista più bravo di sempre e chi il migliore tra i tuoi attuali colleghi ?

Come telecronista secondo me Sandro Piccinini è il migliore. Come seconda voce mi piaceva molto Capello.

Grazie di cuore, bomber.

 Massimo (@Tweetgino)

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Polesano DOC, secondo Blatter ho 2 anni in meno di quanto scritto sulla carta d’identità. Amo l’ironia e la battuta come mezzo per dire le più crudeli verità. Anima libera, lingua e tastiera veloce, Moggiano, orfano della Triade. Inventore del Raiola's Project. Il mio sogno è di intervistare Luciano Moggi e Alex Del Piero

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